Cresce in maniera significata ed abbastanza diffusa il reddito disponibile ed il potere d’acquisto delle famiglie italiane. Questa quanto rivela l’Istat con riferimento agli studi completi del 2016 (e quindi dati riferiti al 2015), che evidenzia anche come di pari passo aumenti la disuguaglianza economica ed il rischio di povertà o di esclusione sociale. Il reddito netto medio annuo per famiglia si attesta poco sotto i 30mila euro: esclusi gli affitti figurativi, è infatti pari a 29.988 euro, circa 2.500 euro al mese (+1,8% in termini nominali e +1,7% in termini di potere d’acquisto rispetto al 2014).
Va però precisato e marcato come la crescita del reddito sia più intensa per il quinto più ricco della popolazione, trainata dall’incremento della fascia alta dei redditi da lavoro autonomo, in ripresa ciclica dopo diversi anni di flessione. Si stima di conseguenza che il rapporto tra il reddito equivalente totale del 20% più ricco e quello del 20% più povero sia aumentato da 5,8 a 6,3.
Le differenze geografiche: metà delle famiglie residenti in Italia percepisce un reddito netto non superiore a 24.522 euro l’anno (circa 2.016 euro al mese: +1,4% rispetto al 2014). Il reddito mediano cresce nel Mezzogiorno in misura quasi doppia rispetto a quella registrata a livello nazionale (+2,8% rispetto al 2014), rimanendo però su un volume molto inferiore (20.557 euro, circa 1.713 mensili).
Buone notizie sui prelievi fiscali per famiglia: l’aliquota media del prelievo fiscale è 19,4%, in lieve calo rispetto al 2014 (-0,25 punti percentuali). Si riduce il carico fiscale sulle prime due classi di reddito (0-15.000, 15.000-25.000 euro) delle famiglie dove il principale percettore è un lavoratore dipendente (grazie alla detrazione Irpef di 80 euro).
L’ISTAT stima che nel 2016, il 30,0% delle persone residenti in Italia sia a rischio di povertà o esclusione sociale: peggioramento rispetto all’anno precedente, quando tale quota era pari al 28,7%. “Aumentano sia l’incidenza di individui a rischio di povertà (20,6%, dal 19,9%) sia la quota di quanti vivono in famiglie gravemente deprivate (12,1% da 11,5%), così come quella delle persone che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (12,8%, da 11,7%)”.
Il Mezzogiorno resta l’area territoriale più esposta al rischio di povertà o esclusione sociale (46,9%, in lieve crescita dal 46,4% del 2015). Il rischio è minore, sebbene in aumento, nel Nord-ovest (21,0% da 18,5%) e nel Nord-est (17,1% da 15,9%). Nel Centro un quarto della popolazione (25,1%) permane in tale condizione.
Le famiglie con cinque o più componenti si confermano le più esposte al rischio di povertà o esclusione sociale, ma è per quelle con uno o due componenti che questo indicatore peggiora (per le prime sale al 34,9% dal 31,6%, per le seconde al 25,2% dal 22,4%).