Sabato 19 novembre e domenica 20, si sono tenute rispettivamente le assemblee dei soci di Banca di Credito cooperativo del Tuscolo – Rocca Priora e di Banca di credito cooperativo dei Castelli romani. I soci erano chiamati ad approvare il progetto di fusione delle due banche predisposto dai Consigli di amministrazione dei due istituti.
Ogni passaggio di questo tipo fa sorgere sempre interrogativi ed angustie all’interno dei corpi sociali, talvolta alimentate da richiami a percorsi storici, al radicamento territoriale, al rapporto personale, al senso di appartenenza ad un determinato contesto, che si presuppone immutabile. Nell’uno e nell’altro caso tuttavia le assemblee si sono chiuse con un voto favorevole di maggioranze molto ampie, quasi unanimistiche. Così dal primo gennaio 2017 le due banche saranno insieme la “Banca di credito cooperativo dei Castelli romani e del Tuscolo”.
Al di là delle considerazioni di merito e delle ragioni, anche delle difficoltà attuali dei due singoli istituti, che hanno spinto gli amministratori a proporre la fusione per migliorare la performance del credito cooperativo in ambito castellano, ritengo che la scelta vada salutata con un positivo apprezzamento. Essa appartiene, come dicevo la settimana scorsa sul turismo, a quella categoria di fatti che hanno la possibilità di dare una svolta vera ai Castelli Romani, puntando a costruire dal basso un percorso di condivisione delle storie fin qui seguite, delle aspettative per il futuro e dei destini della nostra area.
Ovviamente bisogna riempire di virtù anche il vaso di questo nuovo progetto, perché non sia solo una semplice operazione di salvataggio reciproco tra le due banche, ma rappresenti, nel settore del credito, della cooperazione e dello sviluppo locale, l’occasione giusta per rimodulare i rapporti a livello di Castelli Romani. Mi permetto di suggerire alla Dirigenza delle due banche ed alla nuova Dirigenza che sorgerà dalla fusione, come anche ai corpi sociali ed all’opinione pubblica dei Castelli Romani, alcuni elementi imprescindibili che debbono entrare in questo vaso di virtù, per affrontare con la dovuta attrezzatura socioculturale, politica, economica e organizzativa, il percorso successivo:
• La nuova banca nata dalla fusione deve rimanere aperta ad altre aggregazioni con tutte le altre banche di Credito Cooperativo dei Castelli per giungere, in tempi ragionevoli, ad un’unica “Banca di Credito Cooperativo dei Castelli Romani”, con la giusta dimensione per competere nel mercato del XXI secolo, ma sempre al servizio di un territorio dalla forte identità locale;
• La nuova banca deve rafforzare il suo rapporto con il territorio. Se esso diventa più ampio per un singolo soggetto, non vuol dire sottrarre attenzioni allo sviluppo locale, alle esigenze delle piccole imprese del territorio, agli artigiani, alle associazioni, alla promozione d’impresa. La nuova banca deve dotarsi di antenne di contatto costante con il territorio per coglierne tutti i segnali e mettere in campo le iniziative giuste;
• La nuova banca deve costruire un nuovo modello partecipativo per i soci. Oggi sommiamo due corpi sociali (Tuscolo 2.500 + Castelli romani 2.000) per una nuova base di 4.500 soci circa, diffusi su un’area di 10 comuni. Il modello di partecipazione e di rappresentanza precedente potrebbe non reggere in questo nuovo contesto territoriale: servono modelli operativi (comitati di sconto) e modelli di rappresentanza (consulte dei soci) che diano la possibilità di fare sempre la differenza tra una banca d’affari e una banca di credito cooperativo.
Dobbiamo nutrire la speranza che gli Amministratori sappiano cogliere queste indicazioni, che peraltro non sono mancate in tutto il dibattito che ha preceduto e accompagnato le due assemblee, e assecondare, con l’ottimismo della ragione e la giusta vigilanza, il loro sforzo in questa direzione.