
Non bastano le interminabili attese, il più delle volte anche legittime dato il livello di criticità assegnato in fase di Triage, perché spesso è peggio il senso di abbandono e indifferenza che si finisce col vivere nei Pronto Soccorso italiani, in strutture troppo spesso depotenziate e non adeguatamente presidiate da un personale schiacciato dalle urgenze di un lavoro che gioco forza ti raffredda il lato umano.
E spesso negli ospedali, ma soprattutto nei pronto Soccorso, c’è bisogno soprattutto di umanità, di disponibilità, di calore…oltre che di cure.
Ed è con questa preoccupazione che nasce l’iniziativa, promossa dalla Asl Roma 2 insieme alle Asl Roma 1 e 3 e alle Aziende sanitarie locali di Rieti e Latina, di migliorare l’assistenza e l’accoglienza ai pazienti.
Come? Affiancando dei volontari al personale sanitario al fine di prestare assistenza, informazioni, orientamento e accoglienza alle persone e alle famiglie in attesa di essere visitate e di ricevere le prime cure. Parliamo al momento di 70 volontari del servizio civile, che hanno già cominciato un percorso formativo con medici, infermieri e psicologi per prepararsi a gestire in modo efficace la relazione con gli utenti e l’attività di orientamento ed accoglienza.
Tra le sedi di attuazione del progetto, che si svolgerà in 16 ospedali, ci sono, a Roma, i Policlinici Umberto I e Tor Vergata, l’Ospedale San Giovanni, il San Filippo Neri e l’Eastmann. I volontari sono presenti anche presso il San Giovanni Evangelista di Tivoli, il San Camillo De Lellis di Rieti e i Presidi ospedalieri di Latina, Terracina e Fondi. A questi si aggiungeranno a breve il San Camillo Forlanini a Roma e l’Ospedale San Paolo di Civitavecchia.
Parliamo quindi di un progetto che mira a favorire l’umanizzazione dei luoghi di cura, migliorando l’attività di accoglienza di primo livello e la fruizione dei servizi, in particolare per le persone più fragili come anziani e stranieri.