In un clima, come quello attuale, in cui l’interesse sulla questione delle popolazioni rom è quanto mai diffuso, l’Amministrazione capitolina, fedele ai principi di legalità e inclusione, si cimenta nella percorribilità di una terza strada (per superare i campi Rom) che contempla la possibilità di erogare un contributo di 5.000 euro a tutti coloro che intendano aprire un’attività.
Una sorta di iniziazione al lavoro supportata dai centri di orientamento, già avviata un anno fa.
L’Assessore ai Servizi Sociali di Roma Laura Baldassarre, promotrice del Piano di Superamento dei Campi Rom, a distanza di un anno dall’approvazione dello stesso Piano, deve fare i conti con le difficoltà procedurali di un progetto che, ad oggi, ha dimostrato un andamento singhiozzante nel contesto di un disegno finalizzato alla chiusura del camping River, e che doveva fare da apripista in un percorso di smantellamento dei campi ben definito: <<Dobbiamo fare una scelta di civiltà – ha spiegato l’Assessore – e lancio un appello a tutti: alle famiglie e soprattutto al mondo dell’associazionismo. Bisogna dire chi si schiera con lo status quo e chi invece vuole cambiare modello. Le comunità religiose posso darci una mano. Per esempio, la prima famiglia che ha accettato il contributo per l’affitto sono Testimoni di Geova. Monsignor Feroci forse si è fatto ingannare da foto e riprese fatte circolare ad hoc>>.
L’incisiva azione della giunta capitolina all’interno del campo che, in questi giorni, ha destato non poche polemiche per le modalità con cui è stata posta in essere, non è comunque il frutto di una tendenza imposta dalla nuova intesa di governo come lo stesso assessore specifica: <<Tutt’altro, quei moduli abitativi sono del Comune e da tempo i rom sanno che devono essere rilasciati. Peccato che le famiglie abbiano rifiutato, nonostante le misure messe in piedi dall’amministrazione, misure che altri romani non hanno mai avuto>>.
Il tentativo di perseguire questa strategia, a cui non bisogna attribuire una connotazione assistenzialistica, è la diretta conseguenza di una emergenza ormai fin troppo radicata e che fa parte di un progetto più ampio in cui si collocano gli altri due campi della capitale, La Barbuta e la Monachina, la cui chiusura è prevista entro il 2020: <<Alla Barbuta abbiamo scoperto che c’erano 60 bambini che non erano mai andati a scuola. Per questo dico: non bisogna mai abbandonarsi al peggio. Certi facili profeti non vanno ascoltati: si può cambiare il sistema, puntando sulla legalità e l’inclusione>>.
Insomma, tra la previsione di contributi per agevolare gli affitti e il rimpatrio assistito, l’incentivo di un contributo economico per fini occupazionali è un ulteriore mezzo rappresentativo di una visione capitolina scevra da fini mutualistici, ma basata esclusivamente sulla legalità, l’inclusione e soprattutto il rispetto della dignità umana e il riconoscimento delle condizioni che permettano, a queste etnie, di uscire volontariamente dall’isolamento fisico e mentale in cui vivono.
Nel frattempo, nonostante le proposte capitoline volte all’inserimento nel tessuto sociale di queste etnie, il Camping River è stato smantellato. E non si fanno troppo attendere le prime proposte, alternative ai moduli abitativi precedenti, come quella presentata dalla Soges Srl, indirizzata non solo alle etnie rom, ma anche alle famiglie italiane rimaste senza abitazione e ai migranti e richiedenti asilo politico.
Rievocando l’immagine di una cittadella all’interno di un quartiere, il progetto prevede la collocazione, nell’area, di circa 150 edifici fissi in legno, zone riservate alle attività sportive, uffici, corsi di formazione, aree verdi e piazze.
Non si conoscono, dettagliatamente, i termini che, la stessa società, intende porre in essere per ottenerne l’approvazione capitolina, considerato che le possibilità sono essenzialmente due: attraverso un bando oppure avvalendosi di una delle opzioni alloggiative proposte dallo stesso Piano del Comune, che prevedono l’ospitalità delle famiglie nomadi presso terzi.
Il fine primario dello stesso progetto è quello di favorire lo svolgimento di attività ricreative, aggregative e formative, consentendo l’accesso, in alcune zone, ai visitatori esterni sia in occasione di appuntamenti culturali che sportivi.